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Gli architetti (ri)scoprono la mobilità ciclistica

di Raffaele Di Marcello

Nella tre giorni del VIII Congresso Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, tenutasi a Roma, nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica, il termine mobilità ciclistica, unito a quello di spazio comune, sono risuonati più volte. Nulla di strano per chi, come il sottoscritto, da anni coniuga il suo essere architetto e pianificatore, con le tematiche della restituzione dello spazio pubblico ai cittadini, anche attraverso la riscoperta di dimenticate forme di mobilità, uso della bicicletta in testa.

Eppure i tre giorni di congresso hanno espresso qualcosa di rivoluzionario, già intuibile in modo netto nella relazione di apertura del Presidente nazionale, Giuseppe Cappochin, esplicitato in modo superbo nella seguitissima relazione di Gil Penalosa, già Sindaco di Bogotà, ed ora Direttore e Presidente del Consiglio Esecutivo 8-80 Cities, dal titolo “Creating Vibrant and Healthy Cities for All”, e concretizzato dalla presenza sul palco, a fianco del rappresentante degli Ordini degli Architetti PPC del Trentino Alto Adige, di una bicicletta: la bicicletta è uno strumento di riconquista, e sviluppo, dello spazio urbano.

E non lo dice un gruppo di appassionati, quali possono essere i soci della FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, nè una visionaria pattuglia di architetti che gestisce ComuniCiclabili, la rete FIAB di città che vogliono far crescere la mobilità ciclistica nei loro territori e riconsegnare lo spazio pubblico ai cittadini, consapevole che si tratta di un bene comune; questa volta sono gli oltre 150.000 architetti italiani che ricordano, a gran voce, alle istituzioni in primis, ma anche ai cittadini, alle imprese, alle altre categorie professionali, che le città e i territori del futuro prossimo devono essere a misura di persona.

Scrive l’Arch. Giuseppe Cappochin nella sua relazione introduttiva: “…c’è una sola strada: restituire la città alla città … cioè ritornare alla città, ai suoi principi funzionali basati sulla collocazione delel persone al centro della vita urbana, sulla valorizzazione della comunità come spazio di crescita pesonale e collettiva”, e ancora “comune a tutte le città impegnate in un processo di riconversione ecologica è il ruolo fondamentale assegnato alle politiche della mobilità.

Trasporto pubblico e mobilità dolce risultano infatti fattori essenziali per la riduzione dei consumi energetici, l’accessibilità ai servizi urbani territoriali, la riduzione del rumore e dell’inquinamento, per far sì che strade e piazze riacquistino quella pluralità di funzioni che le caratterizzava in anni passati”.

Per Cappochin “una città è intelligente quando riesce a valorizzare in modo sempre nuovo, diverso e sostenibile le risorse ambientali, culturali e sosprattutto umane che la compongono, quando trova strade per dare diritti e avvicinare gli ultimi ai primi, quando è progettata con e per i bambini, i disabili, gli anziani… Dopo aver trascurato per anni la dimensione umana, adesso, all’inizio del XXI secolo, cresce l’urgenza e la volontà di riportare le persone al centro del progetto di rigenerazione urbana, per le quali il desiderio generale primario è rappresentato dall’obiettivo di vivere in città vitali, sicure, sostenibili e sane.”

Quindi, sottolinea il Presidente degli architetti italiani “Al legislatore spetta il compito di portare al centro del progetto di rigenerazione questi obiettivi, tenendo ben presente che una città che invita le persone a camminare deve, per definizione, avere una struttura ragionevolmente compatta che permetta tragitti pedonali brevi, percorsi piacevoli e una variazione di funzioni sociali e ricreative. Questi elementi aumentano l’attività e la sensazione di sicurezza all’interno e intorno agli spazi urbani”.

Poi, citando l’architetto danese Jan Gehl ““Assistiamo ad un rapido aumento di problemi di salute pubblica perché ampi segmenti della forza lavoro sono sedentari e utilizzano l’auto come unico mezzo di trasporto. Un invito incondizionato a camminare e andare in bicicletta come elemento naturale e inscindibile della vita di tutti i giorni deve essere parte non negoziabile di una coerente politica sanitaria. La bicicletta può diventare il mezzo di trasporto comune per spostarsi in città. E’ più veloce ed economica di altri possibili mezzi, fa bene all’ambiente e alla salute delle persone e conseguentemente dell’economia.”

Concludendo, infine, con una proposta di “piano d’azione” nazionale, dove, tra i numerosi punti, troviamo “il potenziamento del trasporto pubblico, della rete dei percorsi ciclabili e pedonali, di parcheggi di interscambio, dei sistemi formativi per l’utenza del carsharing e dell’utilizzo dei mezzi elettrici, promuovendo l’estensione delle aree urbane pedonalizzate ed ogni altro provvedimento finalizzato a ridurre l’uso dell’auto privata, le diverse forme di inquinamento indotte e a migliorare la vivibilità dell’ambiente urbano”.

Una importante presa di posizione, quindi, che guarda al territorio a 360°, non limitandosi solo alle politiche edilizie, ma puntanto al benessere urbano, riportanto al centro il cittadino e le sue esigenze, puntualizzando come le politiche della mobilità non possano essere distinte da quelle urbanistiche ed edilizie e che lo spazio pubblico va riconsegnato ai suoi naturali fruitori: le persone.

Quanto delle tematiche che FIAB affronta, e promuove, da anni, si ritrovano in queste parole? Da socio della Federazione Amici della Bicicletta, e ricercatore nelle tematiche della mobilità urbana sostenibile, posso affermare che quelle che solo qualche anno fa, almeno in Italia, sembravano idee bizzarre, appannaggio di qualche tecnico sognatore, ora fanno parte del lessico di quasi ogni progettista. Certo, da lavorare c’è ancora molto, perche dagli enunciati ai progetti, spesso, molto si perde, e, sopratto, perchè i decisori politici sono ancora ancorati a dinamiche e strategie obsolete e non più efficaci (e, purtroppo, non se ne rendono conto). Ma gli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani in questi giorni hanno lanciato un monito alla politica: il cambiamento è in atto, e avverrà con o senza i nostri amministratori; i tecnici sono pronti, la politica si adegui velocemente.

Noi di FIAB, con la rete ComuniCiclabili, questo lo abbiamo capito, e il recente protocollo di intesa con l’Istituto Italiano di Urbanistica ne è una prova; chissà che, a breve, non si riesca a lavorare anche con il Consiglio Nazionale degli Architetti.